Chirurgo , l'uomo delle tre H

Per gli Autori americani sono richieste al chirurgo tre doti “ head, heart, hand “ in quanto è necessaria la partecipazione della mente, cuore e mani affinchè la persona ammalata si senta presa in carico in un programma di cura condivisa.

Chirurgia per vocazione, e non per semplice scelta professionale .

VIVERE IN PIENEZZA LA CHIRURGIA

“Affido la mia vita nelle sue mani “, espressione che spesse volte è rivolta, ora velatamente ora in modo molto esplicito, al chirurgo che alle abili mani associa sempre il cuore e il cervello, doti che peraltro non sono peculiari e specifiche dei chirurghi ma sono proprie e comuni a tutti i professionisti che esercitano l'arte medica. Un trittico inscindibile (mente-cuore -mani) , rappresentato dalle tre H , che identifica la solida piattaforma di ogni chirurgo, segnalando come Prof. D'Amico affermi che “manualità, audacia e dottrina fanno la grandezza del chirurgo “, e come Prof L.Boni giudichi la chirurgia , se così esercitata, il “ lavoro più bello lavoro del mondo”.

MENTE :
l'impegno nella formazione in ambito del corso di laurea in Medicina e Chirurgia, la specializzazione nella disciplina specifica, la esperienza maturata in reparti universitari ed ospedalieri , la guida di un Maestro sono le basi per poter esercitare la professione chirurgica con determinazione e massimo impegno e pure entusiasmo al fine di poter offrire ai pazienti la massima qualità nelle strategie terapeutiche da adottare specificatamente per il singolo caso clinico. La chirurgia è stata sempre ed è per definizione interventista, finalizzata , come dice il padre della medicina Ippocrate ( 480-390 a.C) a “rimuovere il male”. Il chirurgo è molto pratico ed essenziale , ed appunto per tale requisito necessita , come sostiene il Prof Luigi Boni pioniere ed esperto nella chirurgia laparoscopica e robotica, Direttore della prestigiosa Chirurgia Generale e della Scuola di Specializzazione in Chirurgia della Università degli Studi di Milano, di una solida preparazione , anzitutto teorica a cui deve far seguito la rigorosa formazione pratica secondo la metodica di insegnamento in tre fasi nota come SODOTO , acronimo che sta per “ See one, Do one, Theach one “ nel senso che il giovane chirurgo dalla osservazione , per cui ecco la definizione “vedi ”, passa in seconda fase ad eseguire quanto il Maestro-tutor gli ha insegnato, per cui “ fai ”, e poi in terza fase può trasferire quanto ha appreso ad un giovane collega , per cui insegna lui stesso .
“ Docendo discimus” , afferma il filosofo L.A.Seneca ( 4 a.C. - 65 d.C quando in Lettera a Lucilio scrive che c'è un vantaggio reciproco perchè mentre si insegna si impara, concetto ripreso da A.Schopenhauer , e riaffermato da Prof. D. D'Amico, già Direttore della Chirurgia Generale e Centro Trapianti di fegato al policlinico di Padova sempre molto attento alla formazione universitaria dei giovani chirurghi , sostenendo comunque il chirurgo non può e non deve mai considerarsi arrivato anche dopo una pur lunga esperienza , e non finisce mai di imparare lui stesso perchè ogni caso è diverso da un altro .

CUORE :
Nella quotidiana attività professionale il Medico, indipendentemente se esercita la chirurgia o meno, deve saper creare un rapporto empatico con tutti i pazienti , rapportandosi non solo con la malattia ma pure con la persona che è portatore della malattia stessa : in sintesi occorre che il chirurgo vada oltre allo specifico atto terapeutico “col bisturi” , aggiungendo sempre il personale “calore umano “ , cioè in ultima analisi il “proprio cuore” , della vicinanza al malato : ciò conferma come la chirurgia non sia solo una attività di tecnica operatoria di altissimo valore , ma nel suo indubbio rigore scientifico possieda pure i connotati di scienza umanistica . Il chirurgo ha il dovere di proporre al paziente scelte appropriate in una “alleanza terapeutica”( il Prof R.Ghiringhelli sottolinea come la parola alleanza derivi dal francese “allier = unire” che rimanda al verbo latino “alligare = legare assieme”), non dimenticando mai il primato della dignità della persona umana . E ciò indipendentemente dal proprio credo , tanto che nella parabola a tutti nota del “Buon Samaritano” è stato addirittura un “ non credente “ che si commosse ed ebbe compassione e pietà , mentre i due religiosi che avrebbero dovuto aver misericordia hanno tirato dritto per la loro strada.

Il chirurgo deve saper trasmettere il calore umano della propria e personale “partecipazione attiva” in quanto la persona ammalata da parte sua cerca sempre ascolto, condivisione , comprensione ed affetto in cui la “alleanza” tra chirurgo e paziente è fondamentale, ed il paziente ha bisogno di percepire che il chirurgo ha “ il cuore in mano “ per cui può sentirsi preso in carico. La cura è imparentata con la compassione ( dal latino cum /patior/passio = patire insieme) cioè partecipazione alla sofferenza dell'altro con solidarietà e condivisione , sentimento grandioso ed universale che secondo Dostoevskij è la più importante e forse l'unica legge di vita dell'umanità intera, e Einstein afferma che “solo una vita vissuta per gli altri è una vita che vale la pena di vivere “ .

Prof.M.Tavani, Professore Ordinario Universitario di Medicina Legale alla Università degli Studi dell'Insubria non manca di ribadire a medici e specializzandi il dovere del rispetto degli irrinunciabili principi morali di umanità e solidarietà espressi nel vigente Codice Deontologico del Medico : in tale ottica mi fa piacere ricordare Albert Schweitzer , filosofo, medico, teologo , magistrale organista, e premio Nobel nel 1952 per la Pace quando riferisce come in una sera di tramonto in Africa nello sforzo di arrivare al concetto elementare ed universale dell'etica balenò nella sua mente la frase ” rispetto per la vita e per tutti gli essere viventi “, che divenne subito il motto del proprio impegno fondando a Lambaréné (Gabon) un Ospedale e villaggio per lebbrosi.

Non possiamo certo dimenticare l'immenso sacrificio negli anni 2020 e 2021 da parte della Classe Medica, Anestesisti-rianimatori, Infettivologi-virologi, Medici di Famiglia, Medici di pronto soccorso, Medici addetti ad Emergenza-Urgenza, rispettando i principi etici di umanità e solidarietà espressi nel vigente Codice Deontologico del Medico, ma pure l'impegno massimo di Infermieri, Protezione Civile , Volontari, addetti alle Ambulanze , Farmacisti, ecc... per salvare più vite umani possibili nella recente gravissima pandemia da coronavirus diffusasi in Italia : un enorme carico di lavoro esercitato con abnegazione, altruismo , com-passione , determinazione, eroico impegno, sacrificio e tanto cuore indistintamente verso tutti gli ammalati, uno slancio di commuovente generosità , sintetizzando il tutto in una parola, “agape”(che rimanda a caritas e philos) come amore disinteressato ed incondizionato, e donazione verso l'altro, che ha visto il suo drammatico estuario nel sacrificio della propria vita da parte di molti medici oltre che farmacisti, infermieri, Forze dell' Ordine ,volontari e religiosi.

“La vita non è degna di esser vissuta se non è vissuta per qualcun altro” così scriveva Albert Einstein, mentre la poetessa Emily Dickinson “...se allieverò il dolore di una vita o guarirò una pena...non avrò vissuto invano”.

MANI : La storia della Medicina ci dice come nel passato si sia sempre data grandissima rilevanza alla ” fisicità e bellezza “ delle mani del chirurgo . Giorgio Cosmacini segnala come Aulo Cornelio Celso nella opera De Re Medica (25-35 d.C) , specificava i requisiti che il chirurgo deve possedere affinchè il suo livello professionale fosse ottimo e paragonabile a quello di Trifone , Evelpisto e Megete e così scriveva: ”..il chirurgo bisogna sia giovine, o almeno non tanto in là con gli anni , di mano forte , ferma, che non tremi mai, e che si serva bene non men della sinistra che della destra, di vista acuta e netta, coraggioso, pietoso sì, ma in modo di non pensare ad altro che a guarire il suo malato ...”. E sempre Cosmacini ricorda come Jehan Ypermann (1260-1332) padre della chirurgia fiamminga, modellando su se stesso la figura del chirurgo ideale affermava nel suo trattato di chirurgia ”...il chirurgo deve avere delle belle mani e della dita affilate ... egli sarà di costituzione robusta ...egli non adulerà se stesso...

Già Ippocrate ( 480- 390 a C) padre della Medicina ha etichettato la chirurgia come “lavoro manuale” (da cheir = mano, ed ergon = lavoro) , ma il chirurgo Giorgio Regnoli nel proemio al suo trattato di medicina operatoria del 1846 segnala come alcuni storici risalgono addirittura agli eroi del poeta greco Omero ( forse XI-VIII secolo a.C) ed hanno voluto che la “parola chirurgia “ derivasse da Chirone, eroe della mitologia greca celebrato dal divino Poeta per l'arte di medicare le ferite. Termine “chirurgia” che mantiene sempre la massima validità, anche se l'arte empirica e pratica nata solo per imitazione e ripetizione di gesti ha oggidì lasciato il posto ad una moderna chirurgia ad altissimo contenuto tecnologico, mini-invasiva, laparoscopica , robotica ,chirurgia dei trapianti , chirurgia oncologica , chirurgia neonatale, microchirurgica ecc...

Il chirurgo recita sempre con le sue mani, come segnala D'Amico, ma le mani vanno intese come grande abilità che scaturisce da solida esperienza, costante , quotidiana, direi sul campo in prima linea, nei confronti di quella specifica procedura e tecnica chirurgica, mani sempre enfatizzate anche oggi dal paziente che vuole sentirsi appunto “in buone mani”. Ovviamente il giovane chirurgo deve poter raggiungere una buona manualità operativa prima di poterla applicare in prima persona al paziente , e ciò richiede una lunga pratica sotto la supervisione di un Maestro, un tutor, un chirurgo esperto, un docente , per acquisire la buona “mano chirurgica” a cui il paziente vuole affidarsi in massima fiducia. Non posso dimenticare quanto efficacemente scrive Prof D''Amico “ la chirurgia, pur essendo un lavoro artigianale, di artigianale ha poco, essendo guidato dalla mente e, ove questa non bastasse, anche dal cuore e dalla fede.

Posso così sintetizzare e concludere :

VIVERE IN PIENEZZA LA CHIRURGIA è il credo professionale del chirurgo.
Chirurgia abbracciata per vocazione e non semplice scelta di professione,
professione artigianale in cui il chirurgo recita con le sue mani,
manualità e dottrina in simbiosi,
attività guidata dalla mente, ma pure dal cuore . E' certamente una scelta che riempie la vita,
una avventura esistenziale intensa e gratificante ,
che richiede impegno massimo e costante, l'impegno di tutta un vita,
sacrificandosi , anche soffrendo e sapendo soffrire,
mirando sempre alla perfezione nella clinica e tecnica operatoria,
perfezione peraltro irraggiungibile, come afferma Sandor Marai in altro contesto, e per la perfezione bisogna saper dare tutto,
l' esercizio di tutta una vita, e la vita stessa,
Chirurgia sempre di massima precisione,
chirurgia del particolare , “ di ricamo, di cesello, in filigrana “,
non sterile virtuosismo,
affinchè la chirurgia sia sempre esercitata, nobilmente,
in un vivo rapporto empatico verso il fratello sofferente
che chiede ascolto attivo , condivisione e compartecipazione mentre si
affida con fiducia , in una stretta alleanza terapeutica ,
alle mani abili ed esperte del suo chirurgo .

Dove riceve

Il prof. Alberto Roggia effettua visite specialistiche private di ANDROLOGIA negli studi di Varese e Gallarate, tutti facilmente e rapidamente raggiungibili da Milano, Pavia, Novara, Verbania e Como ed anche dal Canton Ticino, dalla Svizzera passando per Stabio-Gaggiolo e Chiasso.

Si fa presente inoltre che presso lo studio di Gallarate le visite sono effettuate il sabato mattina.
Per fissare un appuntamento si prega di telefonare ai seguenti recapiti:
Varese - via Carrobbio 8 – tel.0332.286755

Gallarate - Via Marsala 36 - Centro Medico Le Torri - tel. 0331 775090 - 0331 775091   (qui riceve anche il sabato)

indirizzo di posta elettronica: profroggia@libero.it

 

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