Le terapie iniettive “mirate “ nelle fibrosi dei corpi cavernosi
Hanno il grande vantaggio di potere portare il farmaco in modo preciso e direttamente sulle zone fibrotiche che sono presenti sulla albuginea dei due corpi cavernosi o nel setto intercavernoso.
Terapia effettuata ambulatoriamente , sempre ben tollerata, con minimo dolore di pochi minuti (come una puntura di spillo) , in quanto viene effettuata una preventiva anestesia locale con gel anestestico sulla cute prepuziale, utilizzando aghi sottili per la iniezione.
Con tale modalità di cura , nell'ambito sempre di terapie multimodali, si vuole mirare e cercare di ottenere essenzialmente i seguenti quattro obbiettivi terapeutici :
- disattivare, cioè “spegnere” la infiammazione, e quindi bloccarne la evoluzione : infatti il processo infiammatorio è sempre la principale causa ( generata da ripetuti microtraumi peraltro asintomatici sulla tunica albuginea , oppure cause autoimmuni ) che ha determinato la formazione delle aree fibrotiche che si formano a carico della albuginea, chiamata anche “tonaca albuginea” che è una specie di membrana che ricopre ed avvolge i due cilindri di tessuto erettile cioè i corpi cavernosi, oppure talora anche a carico del setto mediano inter-cavernoso che separa i due corpi cavernosi.
Bloccare la evoluzione della infiammazione è pertanto uno degli obbiettivi fondamentali della strategia di cure multimodali da adottare nella fibrosi dei corpi cavernosi o del setto intercavernoso: cioè in pratica il primo passo da prendere è cercare di fermare la patologia , che altrimenti , se non venisse tempestivamente curata, ha sempre un andamento progressivo evolutivo sia pure con periodi di quiescenza, ma spesse volte alternati a rapide riaccensioni. Infatti la infiammazione, se non curata, ad un certo punto si “stabilizza e cronicizza” evolvendo in un processo cicatriziale-cheloideo .
- ridurre la produzione di tessuto collageno , e contribuire a diminuire le dimensioni delle suddette aree fibrotiche, che vengono rilevate nella visita andrologica e successivamente valutate nelle loro esatte dimensioni (lunghezza, larghezza e spessore ) mediante ecografie specifiche .
- migliorare nel contempo le fibre elastiche della albuginea e del setto intercavernoso e pertanto migliorare la viscoelasticità di tali zone fibrotiche , che hanno sempre valori nettamente alterati di elasticità, e con ciò indicanti pertanto la presenza di una rigidità patologica che è misurabile in Kpa . Infatti tali aree fibrotiche , molte volte multiple e non come unico focolaio ( perchè la patologia fibrotica è spesso purifocale) hanno una scarsa elasticità e espansione, impedendo di conseguenza la normale tumescenza del pene e pertanto favorendo il deficit erettile. Il valore di Kpa misurato in corrispondenza della aree fibrotiche è infatti generalmente superiore a 20-25 , potendo raggiungere anche valori di 70-100-130.
- migliorare la circolazione vascolare dei corpi cavernosi, sia quella arteriosa che quella venosa. Infatti frequentemente gli esami specifici che verranno consigliati dallo specialista andrologo potranno rilevare un ridotto afflusso di sangue arterioso , oppure un accelerato e troppo rapido deflusso, noto come “fuga venosa”, che comporta al paziente un difficoltoso mantenimento della rigidità o tumescenza.
In particolare si segnala come tali farmaci , iniettati peri-aree fibrotiche oppure intra-aree fibrotiche, sono sempre posizionati sotto la faccia anatomica di Buck, per cui rimangono “trattenuti” nello spazio anatomico esistente tra la tonaca albuginea e la suddetta fascia di Buck , che è la fascia del pene rappresentata da una membrana che a guaina circonda i due corpi al di sopra ed esternamente alla albuginea stessa, è ciò spiega la loro efficacia non solo terapeutica, ma pure “preventiva di un processo infiammatorio/fibrotico “ che potrebbe successivamente interessare anche altre zone di albuginea per ora ancora sane e non colpite dalla infiammazione : pertanto in sintesi la membrana o fascia di Buck è una barriera anatomica che fa in modo di impedire che i farmaci iniettati vengono rapidamente diffusi e dispersi nell'organismo e ciò comporterebbe la perdita della loro efficacia terapeutica.
Lo specialista andrologo (dopo aver indicato al paziente in un preciso Consenso Informato gli scopi della terapia , le varie opzioni terapeutiche ed i possibile effetti indesiderati ) consiglierà , se ne ne esistesse il bisogno, le terapie iniettive spiegando pure se, nel caso clinico specifico, la iniezione del farmaco viene programmata nel contesto dell'area stessa fibrotica ( iniezione= “intra- aree fibrotiche ”) oppure a contatto della area fibrotica sia quando localizzata alla albuginea che al setto intercavernoso ( iniezione “peri-aree fibrotiche “) : in quest'ultima modalità , cioè iniezione “a contatto “ delle aree fibrotiche, il farmaco che è sempre posizionato sotto la fascia di Buck, viene trattenuto dalla fascia stessa e viene pertanto ad agire terapeuticamente su tutta la albuginea dei due corpi cavernosi e penetra anche nello spazio intercavernoso occupato dal setto omonimo.
Inoltre è' bene subito precisare che non si verificano effetti collaterali negativi a carico dell'organismo da parte dei farmaci iniettati (come ad esempio cortisonici o verapamil, o altre molecole) appunto perchè la fascia di Buck li trattiene a contatto della albuginea e delle aree fibrotiche ed impedisce la loro diffusione nel corpo.
I farmaci utilizzabili come terapia iniettiva ,sia “peri-area fibrotica “ sia “intra-area fibrotica “, sono vari e verranno consigliati dallo Specialista valutando il singolo caso clinico: i più utilizzati sono generalmente il cortisone (per la sua specifica azione anti-infiammatoria ) ed il verapamil , mentre la collagenasi iniettata intra-placca ha sue indicazioni ben precise nella Induratio Penis Plastica (si consiglia al lettore di accedere ad apposito articolo in questo sito).
La terapia iniettiva con farmaci “localizzata e focalizzata” sulle aree fibrotiche ( sempre ovviamente associata a varie terapie farmacologiche per via orale e /o terapie fisiche) ha un ben preciso scopo indicato negli obbiettivi sopra descritti, ma è un trattamento decisamente utile quando la patologia , sempre insorta su base infiammatoria, è ancora in fase “attiva e pertanto evolutiva”,
mentre non sarà efficace se il processo infiammatorio si è cronicizzato cioè quando si ha la “stabilizzazione”del processo infiammatorio che evolve in un processo cicatriziale-cheloideo.
Le terapie definite “locali mediche” prevedono la possibilità di somministrazione dl farmaco attraverso due possibili vie e metodiche:
- via transdermica mediante ionoforesi/iontoforesi : è una tecnica di somministrazione farmacologica (come cortisone, verapamil , ecc.) che consente il trasporto e la penetrazione , attraverso la cute, di molecole ionizzate mediante la creazione di un campo elettrico con appropriata polarità, utilizzando corrente galvanica e sedute di circa 15-20 minuti. E' certamente una terapia indolore , ma i risultati sono decisamente inferiori a quelli ottenibili con le terapie effettuate per via iniettiva in modo “mirato” sulla aree patologiche fibrotiche.
- terapia iniettiva mirata “ sulla area fibrotica “ : si è dimostrata essere decisamente più efficace rispetto alla ionoforesi /iontoforesi . Infatti la ionoforesi /iontoforesi non consente di portare il il farmaco in modo elettivo e preciso , cioè “mirato” , su una ben precisa area fibrotica , e a maggior ragione sul setto intercavernoso, così come avviene invece con la iniezione, ed inoltre più difficilmente raggiunge le aree fibrotiche in una corretta ed efficace concentrazione terapeutica rispetto sempre a quanto si ottiene con le terapie iniettive. La terapia iniettiva invece consente di posizionare in modo preciso il farmaco sulle zone di fibrosi identificate dalla ecografia, sia quando localizzate alla albuginea che al setto divisorio intercavernoso : la anestesia locale di contatto con gel anestetico consente di ridurre al minimo il dolore della iniezione effettuata con aghi sottilissimi (una puntura di spillo, che scompare nel giro di 2-3 minuti). Si utilizzano generalmente i cortisonici ( esempio desametasone, idrocortisone, prednisolone ecc...) cha hanno la funzione specifica di disattivare o “spegnere “ il processo infiammatorio che è alla base della patologia che sarebbe altrimenti evolutiva oppure altre molecole come il verapamil che consente (agendo sui fibroblasti inibendone la formazione di collagene) nel contempo di migliorare la elasticità e ridurre gradualmente le dimensioni delle aree fibrotiche.
Purtroppo non è possibile effettuare le terapie con cortisone e verapamil o altre molecole assunte invece come compresse per via orale, sia perchè occorrerebbero cure di lunga durata di tempo, sia perchè soprattutto non si potrebbe raggiungere la area fibrotica in buona concentrazione tale da essere di efficacia terapeutica , e sia pure , e ciò è un dato non indifferente, per i negativi collaterali che comporterebbero all'organismo stesso.
Occorre precisare che ovviamente le terapie nella fibrosi , prescritte dal Medico Specialista sulla base dello specifico caso clinico, sono sempre multimodali , cioè associando in vario modo le cure effettuabili per via orale (cioè terapie “mediche” ) alle terapie iniettive ed alle terapie fisiche (esempio: le onde urto a bassa intensità : vedi articolo apposito) al fine di ottenere il miglior risultato terapeutico.
Si consiglia la letture dei seguenti articoli in questo sito:
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